Fiaba di Luigi Capuana
C’era una volta due poveri contadini, marito e moglie, che campavano stentatamente, lavorando da mattina a sera. L’omo andava a giornata, la donna faceva dei servizietti alle vicine.
Abitavano una casetta affumicata a pianterreno, e avevano appena un misero lettuccio e pochi altri mobili. Pure non si lamentavano mai. Andavano a dormire di buon’ora, e la mattina, prima dell’alba, erano all’erta.
Una notte si sentono svegliare dal canto di un grillo. Trilla, trilla, trilla; non la finiva più.
L’omo, stizzito, accende la candela e salta giù dal letto.
– Che vuoi fare, marito mio?
– Ammazzare questo grillaccio.
– Lascialo stare; è creatura di Dio.
Il grillo, veduto il lume, taceva.
Quell’omo torna a letto, spegne la candela e chiude gli occhi per addormentarsi.
Il grillo riprese il canto. Trilla, trilla, trilla, non la finiva più.
– Non vuoi chetarti? Ora ti accoppo.
Riaccese la candela, saltò giù dal letto e si mise a frugare in tutti gli angoli.
– Dove ti sei ficcato, grillaccio?
E il grillo:
– Trih! Trih! Trih!
Colui si volta e corre verso il lato donde il trillo veniva.
– Dove ti sei ficcato, grillaccio?
E il grillo, dall’angolo opposto:
– Trih! Trih! Trih!
Pareva lo canzonasse.
Quella nottata marito e moglie non chiusero occhio.
– Cerca tu il grillo e ammazzalo – disse l’omo. – Se la notte ventura ricomincia, me la prendo con te.
Il marito era manesco, e la donna, appena egli andò via, si mise a cercare attentamente, per non essere picchiata. Cerca qua, cerca là, non ci fu verso di trovar niente.
– Forse, sarà volato fuori dall’uscio.
Si tranquillò. Ma la notte appresso, ecco di bel nuovo il grillo:
– Trih! Trih! Trih!
Non la finiva più.
– Ah, marito mio! Ho frugato in tutti i posti e in tutti i buchi e non mi è riuscito di trovarlo.
– Cercherai meglio domani. Intanto, prendi queste!
Afferrato un legno, stava per legnare la moglie:
– Se tu picchi, picchio anch’io.
– Ripetilo un’altra volta! – urlò il marito.
– Non l’ho detto io, marito mio!
Il marito rimase. In camera non c’era nessun altri all’infuori di loro due. Parlava dunque il grillo?
– Creatura di Dio, che chiedi da noi? – disse la donna.
– Non chiedo nulla.
– Che fai qui dentro?
– Guardo il tesoro,
A queste parole, l’omo accennò alla moglie di state zitta. Si rimise a letto e spense la candela. Il grillo subito subito:
– Trih! Trih! Trih!
Lo lasciarono cantare in pace fino all’alba.
Appena fatto giorno, il contadino, invece di andate a lavorare in campagna, prese la zappa e cominciò a scavate il suolo della cameretta, dove non c’erano neppure mattoni.
Scavò fino a sera, ma trovò soltanto sassi, cocci e terriccio. Aveva perduto la giornata, senza conchiuder nulla.
– Grillaccio bugiardo! Se questa notte ricominci, t’accoppo.
Si misero a letto e spensero il lume.
– Trih ! Trih! Trih !
– Che vuoi fare, marito mio?
– Ammazzate questo grillaccio.
– Attendi un po’. Creatura di Dio, che chiedi da noi?
– Non chiedo nulla.
– Che sei venuto a fate qui dentro?
– Lasciami cantate tutta la nottata; domani te lo dirò.
E Trih! Trih! Trih! Non smise fino all’alba.
L’omo partì per la campagna. Rimasta sola, la povera donna cominciò a tremate dalla paura.
– Creatura di Dio, che vuoi da me?
– Prendimi e mangiami; vedrai.
Ella aveva schifo di mangiare un grillo; ma sentendo che esso insisteva: – Mangiami, e vedrai! – si fece coraggio. Lo prese per le punte delle ali, se lo mise in bocca e masticò. Quel grillo era di un sapore squisito. Avesse avuto davanti un piatto intero di grilli, la donna lo avrebbe ripulito in quattro bocconi.
La sera, il marito tornò dai campi:
– Che ti ha detto il grillo?
– Mi ha detto: Mangiami e vedrai! E l’ho mangiato.
– Almeno non lo sentiremo cantar più!
Non fu così. Di tanto intanto, la notte, dai corpo della povera donna, si sentiva: Trih! Trih! Trih! E ora non c’era verso di ammazzare il grillo; bisognava prima ammazzare lei.
Nove mesi dopo, la donna partorì e fece un bel bambino, il quale, appena nato, invece di piangere, si mise a trillare quasi fosse stato un grillo davvero.
– Che nome gli daremo?
Il nome lo porta con sé; chiamiamolo: Grillo.
Grillino, sin dai primi mesi, fu la disperazione della sua mamma. Saltava dalla culla, dal letto, dalle braccia di lei come un grillo a dirittura.
– Grillino, ti farai male! Ti accadrà qualche disgrazia.
E Grillino:
– Trih! Trih! Trih!
Non sapeva ancora parlare, e rispondeva a quel modo.
Quando crebbe fu peggio. Per un nonnulla picchiava i ragazzi che facevano il chiasso con lui, e poi spiccava un salto sul tetto d’una casa, in cima a un albero, dove nessuno poteva raggiungerlo. E di lassù canzonava i compagni:
– Trih! Trih! Trih!
Era il suo verso.
Suo padre scoteva la testa a queste, prodezze:
– Grillo è nato e grillo morrà.
La mamma cercava di prenderlo con le buone; se la gente veniva ad accusarglielo:
– Grillino, Grillino, non far dispiacere alla tua mammina.
– Trih! Trih! Trih! Lasciateli dire.
Finalmente Grillino ne fece una molto grossa.
Passava la carrozza reale con dentro il Re, la Regina e la Reginotta. Che fa egli? Spicca un salto sul cielo della carrozza e:
– Trih! Trih! Trih!
I cavalli si spaventano, prendono la mano del cocchiere e via a rotta di collo, nitrendo e sparando coppie di calci, fra le strida e gli urli di tutti. Grillino intanto, con le gambe larghe e le braccia aperte, pareva incollato sul cielo e rideva, rideva o riprendeva a trillare.
Quando gli parve, spiccò un salto e giù. Cavalli e carrozza si fermarono a un tratto. Questa volta però Grillino non fece a tempo per scappare. I soldati che seguivano a cavallo la carrozza del Re e che le erano corsi dietro di galoppo, furono più lesti di lui; lo afferrarono, lo ammanettarono e lo condussero in prigione.
– Ah, Grillino, Grillino! Te l’avevo predetto: T’accadrà qualche disgrazia!
– Mammina, state allegra; non è niente.
Suo padre, scotendo il capo:
– Grillo è nato e grillo morrà!
In prigione, Grillino non sapendo come spassarsi, si divertiva al suo solito, trillando da mattina a sera.
La sua prigione si trovava proprio sotto le stanze del Re, e quel trillo gli rompeva il capo.
– Per ordine di Sua Maestà, Grillino, sta’ zitto!
A chi dicevano? Al muro?
– Trih ! Trih! Trih!
Il Re, infuriato, ordinò:
– Tagliategli la testa!
La Reginotta, udito che le guardie andavano alla prigione per mozzare la testa a Grillino, corse a gettarsi al piedi del Re:
– Maestà; se fate ammazzare Grillino, mi accade una gran disgrazia!
– Chi te l’ha detto?
– Una voce dal fondo del cuore. Grazia, Maestà!
– E se non si cheta?
– Glielo dirò io; si cheterà.
La Reginotta andò lei in persona alla prigione.
Le guardie già avevano legato Grillino, con le mani al dorso, e stavano per farlo inginocchiare bendato, davanti al ceppo su cui dovevano mozzargli la testa.
– Grazia di Sua Maestà! Tu, Grillino, intanto devi promettermi di stare zitto.
– Non posso, Reginotta. Trih! Trih! Trih!
– Grillino, Grillino, fallo per amor mio!
Grillino questa volta si mise a cantare:
– Grillo, Grillino,
Se non gli dà la figlia il suo sovrano,
Notte e giorno trih! trih! Grillo, Grillino!
Come? Voleva sposare la Reginotta? O ch’era ammattito? La Reginotta la prese in ridere e disse al Re:
– Maestà, Grillino è pazzo. Vuole sposarmi. Canta:
Se non gli dà la figlia il suo sovrano,
Notte e giorno trih! trih! Grillo, Grillino!
Il Re però non la prese in burla:
– Ecco come gli darò la figlia! Mozzategli la testa.
Le preghiere della Reginotta non valsero più. Le guardie tornarono a legar Grillino con te mani al dorso e lo fecero inginocchiare bendato, davanti al ceppo:
– Grillino, raccomandati a Dio!
– Trih! Trih! Trih!
Il boia alzò la scure e diè il colpo.
La scure rimbalzò, col taglio acciaccato, quasi il collo di Grillino fosse stato di bronzo.
A questo portento, boia e guardie, atterriti, scapparono a gambe, e non pensarono neppure a chiudere la prigione.
Grillino, in un lampo, sciolto e sbendato, diè un paio di salti e fu all’aria aperta. Un altro salto e montò sul tetto del palazzo reale, proprio dov’erano le stanze del Re e subito:
– Trih! Trih! Trih!
Non la finiva più!
Il Re aveva fatto il capo come un cestone con quel trih! trih! maledetto. Ma che fare? Come riprendere Grillino che saltava di qua e di là, da quel grillo che era?
Nel palazzo reale non si dormiva più da una settimana; tutti avevano perduto la testa; parevano tanti matti:
– Accidempoli a Grillino!
Quella vitaccia non poteva durare. Il Re venne a patti:
– Grillino, ti dò un tesoro!
– Ce l’ho, Maestà.
– Grillino, ti faccio barone.
– Sono qualcosa di più, Maestà.
– Che tu sei?
– Sono Reuccio.
Il Re stupì.
– E dov’è la tua corona?
– Sotto il letto di mia madre.
Il Re mandò a cercare nella casetta affumicata sotto il letto della povera donna, per vedere se era vero.
– Maestà, sotto il letto c’era un cesto con de’ cenci.
– Hai sentito? – disse il Re.
– Non hanno saputo cercare.
Il Re mandò di nuovo, e mandò i Ministri perché cercassero meglio.
– Maestà, sotto il letto c’era un paio di ciabatte.
– Hai sentito Grillino?
– Non hanno saputo cercare.
E giorno e notte sul tetto del palazzo reale:
– Trih! Trih! Trih! Accidempoli a Grillino!
Accorse sua madre:
– Grillino, Grillino, sta’ zitto! Vieni giù!
Suo padre scoteva la testa:
– Grillo è nato e grillo morrà!
E se n’andò in campagna pei fatti suoi.
I Ministri dissero:
– Maestà, non c’è verso; bisogna dargli la Reginotta.
Il Re piegò il capo:
– Figliuola mia; bisogna che tu sposi Grillino.
Quando riferirono a Grillino che il Re gli avrebbe dato la Reginotta, egli rispose con una spallucciata:
– La volevo e non me la diedero: ora me la danno e non la voglio io.
Due salti e sparì.
La Reginotta s’ammalò. Il Re e la Regina le domandavano:
– Che ti senti, figliuola?
– Ho male al cuore. Se non sposo Grillino, muoio.
Intanto, di Grillino nessuna notizia. Chi l’aveva sentito trillare in un posto, chi in un altro; ma nessuno l’aveva veduto. Il trillo però era quello di lui; si riconosceva. Guardie e soldati andavano attorno per tutto il regno, chiamando:
– Grillino! O Grillino!
Lontano, lontano, sentivano:
– Trih! Trih! Trih!
– È su quella montagna.
E accorrevano. Arrivati lassù, il trillo si sentiva nella pianura lontano, lontano:
– È laggiù!
E scendevano a corsa. Arrivati nella pianura, il trillo si sentiva tra i boschi, lontano lontano. Guardie, soldati, dal gran camminare, erano spedati, non ne potevano più.
La Reginotta diventata una larva, col fiato ai denti disse:
– Maestà, vado io! Lasciatemi andar sola.
E prima andò nella casetta affumicata dei genitori di Grillino.
– Buona donna, dov’è la corona di Grillino?
E a un tratto s’intese:
– Trih! Trih! È sotto il letto. Reginotta, scavate.
La Reginotta, trovata una zappa in un canto, si mise a scavare. La corona non veniva fuori.
– Grillino, sono stanca! Ho le braccia rotte.
– Trih! Trih! Reginotta, scavate.
La povera Reginotta riprese. Scava, scava, scava, la corona non veniva fuori.
– Grillino, sono stanca! Mi sento morire!
– Trih! Trih! Trih! Reginotta, scavate!
La Reginotta, sfinita, si buttò per terra:
– Mi sento mancare!
E morì.
Grillino comparve; e vista la Reginotta senza vita, si mise a piangere.
– Trih! Trih! Trih! Ah, Reginotta mia! La mala sorte volle così! Trih! Trih! Trih!
Prese in mano la zappa, diè due soli colpi, e venne fuori la corona reale; sotto di essa, un tesoro non mai visto: abbacinava a guardarlo.
– Babbo, mamma, questo è vostro. Ora piangete Grillino.
E si stese come morto per terra. Babbo e mamma lo piangevano:
– Grillino bello mio! Figlio, Grillino!
Intanto il corpo di Grillino si raccorciava, si raccorciava.
– Grillino bello mio! Figlio, Grillino!
Il lamento dei genitori si sentiva per tutta la via. E il corpo di Grillino continuava a raggrinzarsi, a raggrinzarsi; non pareva più di uomo. Infatti a poco a poco egli era già ridiventato grillo nero, con le gambine esili, e le ali.
– Addio, mamma! Addio, babbo!
Un salto, e via per l’uscio:
– Trih! Trih! Trih!
Grillo era nato e grillo era morto.
E noi restiamo col mantello corto.