Fiaba di Luigi Capuana
C’era una volta un contadino che aveva due bambini. Al primo aveva messo nome Zappa e all’altro Falce. La gente gli diceva:
– Zappa? Falce? Ma son nomi da donna!
– Il nome non vuol dir niente. A me basta che mi intendano quando li chiamo. Ecco: Falce!
E il ragazzo, che aveva appena dieci anni, accorreva:
– Babbo, che vuoi?
– Ecco: Zappa!
E l’altro ragazzo, che aveva dodici anni, accorreva:
– Babbo, che vuoi?
La gente rideva di quella stranezza; ma il contadino, sornione, esclama:
– Rido meglio io, quand’è la stagione.
Infatti, quando era il mese in cui bisognava zappare il terreno per preparare la seminagione, il contadino si sedeva su un gran sasso davanti a la porta della sua rustica casetta, e gridava:
– Zappa, all’opra! Zappa!
E il ragazzo cominciava a far l’atto di zappare, alzando e abbassando le braccia, quasi avesse in mano il manico dell’arnese di cui portava il nome: e le zolle gli si sollevavano, gli si rivoltavano davanti meglio assai di come sarebbero state sollevate e rivoltate dalle zappe di una dozzina di uomini. In meno di un’ora, il campo era bell’e preparato.
La gente si meravigliava.
– Compare, avete lavorato tutta la nottata?
– Badate ai fatti vostri.
Il seminato era già maturo. Le spighe, ripiene di chicchi di grano, piegavano la testa.
– Compare, avete bisogno di mietitori?
– Grazie! Faccio da me.
Il contadino, una mattina, si sedeva su un gran sasso davanti a la porta della sua rustica casetta, e gridava:- Falce, all’opra! Falce!
E l’altro ragazzo cominciava a far l’atto di mietere, movendo le braccia quasi avesse in pugno il manico dell’arnese di cui portava il nome; e il seminato gli si abbatteva davanti, di qua e di là, meglio assai di come sarebbe potuto accadere per opera di una dozzina di mietitori.
La gente si meravigliava:
– Compare, avete lavorato tutta la nottata?
– Badate ai fatti vostri.
Come mai quell’uomo riusciva a far tutto da sé? I due ragazzi non potevano dargli nessuna mano di aiuto, anche perché erano gracili e delicati da non sembrare contadini.
La cosa giunse all’orecchio del Re che diè ordine gli conducessero davanti quell’uomo e i suoi due figli.
– Dimmi (e non mentire; ci va della tua testa!) in che modo tu riesci a coltivare il tuo campo da te?
– Maestà, con zappa e falce si fa tutto in campagna. Ma tu, a quel che ne so, non hai né zappa né falce. Questi è Zappa, e questi è Falce.
E indicò i due ragazzi, accarezzandone con le mani le teste. Se :non che, sbadatamente, indicò Falce per Zappa e Zappa per Falce.
Il Re si sentì canzonato. Pure frenando lo sdegno domandò:
– E come fai per adoperarle?
Dico: Zappa, all’opra! Zappa! Dico: Falce, all’opra! Falce!
– Bene. Tu intanto vai in carcere finché non avrò fatto la prova. I ragazzi li tengo qui, nel palazzo reale.
Il contadino si lasciò condurre in carcere, come se nulla fosse stato; e i ragazzi si misero a fare il chiasso col Reuccio e con la Reginotta, che avevano la stessa età di loro.
Il Re una mattina fece scendere in giardino il Reuccio, la Reginotta e i due fratelli Zappa e Falce, che il Reuccio e la Reginotta volevano sempre con loro. Il Re disse a questi:
– Attenti! Vedrete un portento! Zappa, all’opra! Zappa! Falce, all’opra, Falce!
Come se avesse parlato al muro! Falce non si mosse; Zappa non voltò neppure la testa! Il Reuccio e la Reginotta si misero a ridere vedendo la faccia delusa del Re.
Uno dei Ministri, per ordine del Re, andò dai contadino che se ne stava sereno in carcere, in attesa di essere liberato.
– Sua Maestà ha ordinato ai tuoi figli: Zappa, all’opra! Zappa! Falce, all’opra! Falce! Ed essi son rimasti tranquilli come se non avesse parlato a loro.
– Gli ordini devo darli io. Mi faccia sapere Sua Maestà se ha bisogno di Zappa o di Falce, ed io lo servirò subito.
– Di Falce.
E, intanto, ingannato dall’indicazione sbagliata del contadino, aveva messo Zappa davanti a una stesa di fieno da mietere. Si udì dal carcere il grido: Falce, all’opra! Falce!
E che si vide? Zappa rimase inerte, con le braccia penzoloni, e Falce che agitava le sue e abbatteva nel giardino reale tutto quel che gli si presentava davanti: fiori, piante, alberetti, alberi, ogni cosa; una vera distruzione! Il Reuccio e la Reginotta scapparono, gridando, atterriti.
Il Re credé che ciò fosse avvenuto per malignità del contadino, e gli mandò a dire con uno dei Ministri:
– Domani sarai impiccato.
– Grazie tante! – rispose il contadino.
– La prendi in burletta? Domani sarai impiccato.
– Eccellenza, quel che fa Sua Maestà è sempre ben fatto. Per ciò ripeto: Grazie tante!
– Dei figli non ti dài pensiero? Avessero almeno la mamma! Tua moglie è morta da un pezzo?
– Non ho avuto mai moglie, Eccellenza!
– E quei due ragazzi dunque?…
– Li ho trovati in una cesta dietro l’uscio. Chi sa di chi sono? Se Sua Maestà li vuole, glieli regalo.
Il Re disse:
– Costui è matto!
E ordinò che lo mettessero in libertà.
– Prima di uscire di qui, devo parlare col Re.
– Verrai al palazzo reale.
– Prima di uscire di qui, devo parlare col Re.
Vista l’ostinatezza del contadino, il Re andò al carcere. Che poteva voler dirgli quel matto?
– Maestà, quei due ragazzi non sono uomini vivi.
Il Re si mise a ridere.
– Ecco questi due oggettini di argento: una zappa e una falce. Per farvi obbedire da essi, prima di dare un ordine: «Zappa, all’opra! Zappa! Falce, all’opra! Falce!» bisogna prendere in mano uno di questi arnesi: se no, quelli non si muovono.
Il Re, credendo che tutto questo fosse una stranezza da matto, si mise a ridere più forte.
– E chi li ha fatti quei fantocci, giacché non sono uomini vivi?
– Li ha fatti il Mago, mio padrone. Egli è morto e son rimasti a me.
Il Re allora volle far la prova. Mandò a chiamare Zappa e Falce, e ordinò:
– Zappa, all’opra! Zappa!
Zappa non si mosse.
– Falce, all’opra! Falce!
Falce non si mosse.
Presa poi in mano la zappettina d’argento, tornò ad ordinare:
– Zappa, all’opra! Zappa!
E fu una meraviglia. Il ragazzo cominciò ad alzare e abbassare le braccia quasi avesse in mano il manico dell’arnese di cui portava il nome, e in men che non si dica il suolo di quella stanza fu sossopra. Il Re non sapeva dove riguardarsi i piedi.
– E per farlo smettere? – domandò.
– Lasciate andare la zappetta d’argento.
Infatti, tutt’a un tratto, Zappa cessò di lavorare. Non occorse far la prova con Falce.
Visto che quel contadino non era un matto, il Re gli disse: – Chiedi quel che vuoi; e ti sarà concesso.
– Non chiedo niente. Me ne vado dal mio padrone.
Si allungò, ondeggiò quasi fosse stato di fumo e dileguò dalla grata del finestrino del carcere.
Il Re si convinse che il Mago era lui, il contadino. E tornato a palazzo reale fece un decreto:
– Chi vuole Zappa, chi vuole Falce, faccia richiesta al Re: gli saranno concessi.
Voleva che coloro che avevano campi da zappare e da falciare godessero di quel benefizio.
Da principio la gente diffidò, quantunque vedesse coi propri occhi il portentoso lavoro di Zappa e di Falce. Poi uno, poi due, poi dieci, venti proprietari di campi si decisero; si contendevano Zappa, si contendevano Falce, secondo le stagioni. E i poveri zappatori, i poveri mietitori trovavano a stento da lavorare perché Zappa e Falce facevano meglio e più presto di loro. Nacquero dei tumulti.
– Morte a Zappa! Morte a Falce!
E una mattina, cerca e chiama: – Zappa, o Zappa! Falce, o Falce! – i due fratelli erano spariti, non si seppe mai come, né dove. Ma la fiaba dice:
Zappa e Falce torneranno
Zapperanno e falceranno;
Falceranno, zapperanno
Tutto l’anno!