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Fiabe di Luigi Capuana Fiabe per bambini

La figlia del Re

Fiaba di Luigi Capuana

C’era una volta un Re e una Regina, che avevano una figlia unica, e le volevano più bene che alla pupilla de’ loro occhi.

Mandò il Re di Francia per domandarla in sposa.

Il Re e la Regina, che non sapeano staccarsi dalla figliuola, risposero:

– È ancora bambina.

Un anno dopo, mandò il Re di Spagna.

Quelli si scusarono allo stesso modo:

– È ancora bambina.

Ma i due regnanti se l’ebbero a male. Si misero d’accordo e chiamarono un Mago:

– Devi farci un incanto per la figlia del Re, il peggiore incanto che ci sia.

– Fra un mese l’avrete.

Passato il mese, il Mago si presentò:

– Ecco qui. Regalatele questo anello; quando lo avrà portato in dito per ventiquattr’ore, ne vedrete l’effetto.

Regalarglielo non potevano, perché s’eran già guastati coi parenti di lei. Come fare?

– Ci penserò io.

Il Re di Spagna si travestì da gioielliere, e aperse una bottega dirimpetto al palazzo reale.

La Regina volea comprar delle gioie e lo mandò a chiamare.

Quello andò, e in uno scatolino a parte ci avea l’anello.

Dopo che la Regina ebbe comprato parecchie cose, domandò alla figliuola:

– O tu, non vuoi nulla?

– Non c’è niente di bello – rispose la Reginotta.

– Ci ho qui un anello raro; le piacerà.

E il finto gioielliere mostrò l’anello incantato.

– Oh, che bellezza! Oh, che bellezza! Quanto lo fate?

– Reginotta, non ha prezzo, ma prenderò quel che vorrete.

Gli diedero una gran somma e quello andò via.

La Reginotta s’era messo in dito l’anello e lo ammirava ogni momento:

– Oh, che bellezza! Oh, che bellezza!

Ma dopo ventiquattr’ore (era di sera):

– Ahi! Ahi! Ahi!

Accorsero il Re, la Regina, le dame di corte, coi lumi in mano.

– Scostatevi! Scostatevi! Son diventata di stoppa.

Infatti la povera Reginotta avea le carni tutte di stoppa.

Il Re e la Regina erano proprio inconsolabili. Radunarono il Consiglio della Corona.

– Che cosa poteva farsi?

– Maestà, fate un bando: Chi guarisce la Reginotta sarà genero del Re.

E i banditori partirono per tutto il regno, con tamburi e trombette.

– Chi guarisce la Reginotta sarà genero del Re!

In una città c’era un giovinotto, figlio d’un ciabattino. Un giorno, vedendo che in casa sua si moriva di fame, disse a suo padre:

– Babbo, datemi la santa benedizione: vo’ andare a cercar fortuna pel mondo.

– Il cielo ti benedica, figliuolo mio!

E il giovinotto si mise in viaggio.

Uscito pei campi, in una viottola incontrò una frotta di ragazzi che, urlando, tiravan sassate a un rospo per ammazzarlo.

– Che male vi ha fatto? È anch’esso creatura di Dio: lasciatelo stare.

Vedendo che quei ragazzacci non smettevano, saltò in mezzo ad essi, diè uno scapaccione a questo, un pugno a quello, e li sbandò: il rospo ebbe agio di ficcarsi in un buco.

Cammina, cammina, il giovinotto incontrò i banditori che, a suon di tamburi e di trombette, andavan gridando:

– Chi guarisce la Reginotta, sarà genero del Re.

– Che male ha la Reginotta?

– È diventata di stoppa.

Salutò e continuò per la sua strada, finché non gli annottò in una pianura. Guardava attorno per vedere di trovar un posto dove riposarsi: si volta, e scorge al suo fianco una bella signora. Trasalì.

– Non aver paura: sono una Fata, e son venuta per ringraziarti.

– Ringraziarmi di che?

– Tu m’hai salvato la vita. Il mio destino è questo: di giorno son rospo, di notte son Fata. Ai tuoi comandi!

– Buona Fata, c’è la Reginotta ch’è diventata di stoppa, e chi la guarisce sarà genero del Re. Insegnatemi il rimedio: mi basterà.

– Prendi in mano questa spada e vai avanti, vai avanti. Arriverai in un bosco tutto pieno di serpenti e di animali feroci. Non lasciarti impaurire: vai sempre avanti, fino al palazzo del Mago. Quando sarai giunto lì, picchia tre volte al portone…

Insomma gli disse minutamente come dovea fare:

– Se avrai bisogno di me, vieni a trovarmi.

Il giovinotto la ringraziò, e si mise in cammino. Cammina. cammina, si trovò dentro il bosco, fra gli animali feroci. Era uno spavento! Urlavano, digrignavano i denti, spalancavano le bocche; ma quello sempre avanti, senza curarsene. Finalmente giunse al palazzo del Mago, e picchiò tre volte al portone.

– Temerario, temerario! Che cosa vieni a fare fin qui?

– Se tu sei Mago davvero, devi batterti con me.

Il Mago s’infuriò e venne fuori armato fino ai denti: ma, come gli vide in mano quella spada, urlò:

– Povero me!

E si buttò ginocchioni:

– Salvami almeno la vita!

– Sciogli l’incanto della Reginotta, e avrai salva la vita.

Il Mago trasse di tasca un anello, e gli disse:

– Prendi; va’ a metterglielo nel dito mignolo della mano sinistra e l’incanto sarà disfatto.

Il giovanotto, tutto contento, si presenta al Re:

– Maestà, è vero che chi guarisce la Reginotta sarà genero del Re?

– Vero, verissimo.

– Allora son pronto a guarirla.

Chiamaron la Reginotta, e tutti quelli della corte gli s’affollarono attorno; ma le avea appena messo in dito l’anello, che la Reginotta divampò, tutta una fiamma! Fu un urlo. Nella confusione, il giovanotto poté scappare, e non si fermò finché non giunse dove gli era apparsa la Fata:

– Fata, dove sei?

– Ai tuoi comandi.

Le narrò la disgrazia.

– Ti sei lasciato canzonare! Tieni questo pugnale e ritorna dal Mago: vedrai che questa volta non si farà beffa di te.

E gli disse minutamente come dovea regolarsi.

Il giovinotto andò subito, e picchiò tre volte al portone.

– Temerario, temerario! Che cosa vieni a fare fin qui?

– Se tu sei Mago davvero, devi batterti con me.

Il Mago s’infuriò e venne fuori, armato fino ai denti. Ma come gli vide in mano quel pugnale, si buttò ginocchioni:

– Salvami almeno la vita!

– Mago scellerato, ti sei fatto beffa di me! Ora starai lì incatenato, finché l’incanto non sia rotto.

Lo legò bene, piantò il pugnale in terra, e vi attaccò la catena. Il Mago non poteva muoversi.

– Sei più potente, lo veggo! Torna dalla Reginotta, cavale di dito l’anello del gioielliere e l’incanto sarà disfatto.

Il giovinotto non avea viso di presentarsi al Re; ma saputo che la Reginotta se l’era cavata con poche scottature, perché tutti quei della corte aveano spento le fiamme, si fece coraggio e si presentò:

– Maestà, perdonate; la colpa non fu mia; fu del Mago traditore. Ora è un’altra cosa. Caviamo di dito alla Reginotta quell’anello del gioielliere, e l’incanto sarà disfatto.

Così fu. La Reginotta diventò nuovamente di carne, ma pareva un tronco: non avea lingua, né occhi, né orecchi; era rovinata dalle fiamme. E se lui non la guariva intieramente, non potea diventar genero del Re.

Partì e andò in quella pianura dove gli era apparsa la Fata:

– Fata, dove sei?

– Ai tuoi comandi.

Le narrò la disgrazia.

– Ti sei lasciato canzonare!

E gli disse, minutamente, come dovea regolarsi.

Il giovanotto tornò dal Mago:

– Mago scellerato, ti sei fatto beffa di me! Lingua per lingua, occhio per occhio!

– Per carità, lasciami stare! Vai dalle mie sorelle, che stanno un po’ più in là. Devi fare così e così.

Cammina, cammina, arriva in una campagna dove c’era un palazzo simile a quello del Mago. Picchiò al portone.

– Chi sei? Chi cerchi?

– Cerco Cornino d’oro.

– Capisco: ti manda mio fratello. Che cosa vuole da me?

– Vuole un pezzettino di panno rosso; gli si è bucato il mantello.

– Che seccatura! Prendi qua.

E gli buttò dalla finestra un pezzettino di panno rosso, tagliato a foggia di lingua.

Andò avanti, e arrivò a piè d’una montagna dove, a mezza costa, c’era un palazzo simile a quello del Mago. Picchiò al portone.

– Chi sei? Chi cerchi?

– Cerco Manina d’oro.

– Capisco: ti manda mio fratello. Che cosa vuole da me?

– Vuole due grani di lenti per la minestra.

– Che seccatura! Prendi qua.

E gli buttò dalla finestra due grani di lenti, involtati in un pezzettino di carta.

Andò avanti, e arrivò in una valle, dove c’era un altro palazzo simile a quello del Mago. Picchiò al portone.

– Chi sei? Chi cerchi?

– Cerco Piedino d’oro.

– Capisco: ti manda mio fratello! Che cosa vuole da me?

– Vuole due lumachine per mangiarsele a cena.

– Che seccatura! Prendi qua.

E gli buttò dalla finestra le lumachine richieste.

Il giovanotto tornò dal Mago:

– Ho portato ogni cosa.

Il Mago gli disse come doveva fare, e il giovanotto stava per andarsene:

– Mi lasci qui incatenato?

– Lo meriteresti, ma ti sciolgo. Se mi hai ingannato, guai a te!

Il giovane si presentò al palazzo reale e si fece condurre dalla Reginotta.

Le aperse la bocca, vi mise dentro quel pezzettino di panno rosso, e la Reginotta ebbe la lingua. Ma le prime parole che disse furon contro di lui:

– Miserabile ciabattino! Via di qua! Via di qua!

Il povero giovane rimase confuso:

– Questa è opera del Mago!

Senza curarsene, prese i due semi di lenti, con un po’ di saliva glieli applicò sulle pupille spente, e la Reginotta ebbe la vista. Ma appena lo guardò, si coprì gli occhi colle mani:

– Dio, com’è brutto! Com’è brutto!

Il povero giovane rimase:

– Questa è opera del Mago!

Ma, senza curarsene, prese i gusci delle lumachine che aveva già vuotati, e con un po’ di saliva glieli applicò bellamente dov’era il posto degli orecchi: la Reginotta ebbe gli orecchi.

Il giovane si rivolse al Re e disse:

– Maestà, son vostro genero.

Come intese quella voce, la Reginotta cominciò a urlare:

– Mi ha detto: Strega! Mi ha detto: Strega!

Il povero giovane, a questa nuova uscita, sbalordì:

– È opera del Mago!

– E tornò dalla Fata.

– Fata, dove sei?

– Ai tuoi comandi.

Le narrò la sua disgrazia.

La Fata sorrise e gli domandò:

– Le hai tu tolto di dito l’altro anello del Mago?

– Mi pare di no.

– Vai a vedere; sarà questo.

Come la Reginotta ebbe tolto di dito quell’altro anello, tornò gentile e tranquilla.

Allora il Re le disse:

– Questi è il tuo sposo.

La Reginotta e il giovanotto si abbracciarono alla presenza di tutti, e pochi giorni dopo furono celebrate le nozze.

E furono marito e moglie;

E a lui il frutto e a noi le foglie.

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