Fiaba di Luigi Capuana
C’era una volta un Re e una Regina. La Regina partorì e fece una bambina più bella del sole. Insuperbita di questa figliolina così bella, spesso diceva:
– Neppur le Fate potrebbero farne un’altra come questa.
Ma una mattina, va per levarla di culla e la trova contraffatta, con una testa di rospo.
– Oh Dio, che orrore!
Benché fosse figlia unica e le volesse un gran bene, quella testa di rospo le facea schifo, e non volle più allattarla.
Il Re, angustiato, disse a un servitore:
– Prendila e portala giù; mettila fra i cagnolini figliati dalla cagna. Però se morisse, sarebbe meglio per lei!
Non morì. La cagna, tre, quattro volte il giorno tralasciava di dar latte ai cagnolini, e porgeva le poppe a Testa-di-rospo. La leccava, la ripuliva, la scalducciava tenendosela accosto, e non permetteva che alcuno stendesse la mano a toccarla.
Quando il Re e la Regina scendevano giù per vedere, la cagna ringhiava, mostrava i denti; e un giorno che la Regina fece atto di voler riprendere la figliuola, le saltò addosso e le morse mani e gambe.
Testa-di-rospo nel canile prosperava. Quando crebbe, non volle più lasciarlo. Durante la giornata abitava su nelle stanze reali; pranzava a tavola col Re, colla Regina, con tutta la corte, e prima di toccar le pietanze, metteva da parte i meglio bocconi; poi ne riempiva il grembiule e scendeva giù, nel canile.
– Mamma cagna, mangiate; la mia vera mamma siete voi!
La notte dormiva lì, con mamma cagna. Non c’era mai stato verso di indurla a dormire nel suo letto.
La Regina, sentendole ripetere ogni giorno: – Mamma cagna, mangiate; la mia vera mamma siete voi! -, cominciò a odiarla terribilmente, come se non fosse stata sua figliuola.
E una volta disse al Re:
– Maestà, no, costei non è la nostra figliuola. Ce la scambiarono quand’era in culla. Che ne facciamo di questo mostro? Io direi di farla ammazzare.
Il Re non ebbe animo di commettere questa crudeltà:
– Mostro o non mostro, è una creatura di Dio.
Talché la Regina giurò di disfarsene in segreto.
E che pensò? Pensò di dar ad intendere al Re che era nuovamente gravida e, quando fu l’ora, gli fece presentare una bambina nata di fresco, che lei aveva fatto comprare a peso d’oro in un altro paese.
Il Re fu molto contento; e alla bambina mise nome Gigliolina; perché era bianca come un giglio.
Allora la Regina gli disse:
– Ora che abbiamo quest’altra figliuola, che ne facciamo di quel mostro? Io direi di farla ammazzare.
Per amore di quest’altra figliuola, il Re, benché a malincuore acconsentì.
Ma come andarono per prendere Testa-di-rospo e farla ammazzare, sulla soglia del canile trovarono mamma cagna, che abbaiava e ringhiava mostrando i denti.
E Testa-di-rospo non voleva uscir fuori.
– Perché non vieni fuori?
– Perché mi farete ammazzare.
– E chi ti ha detto questo?
– Me l’ha detto mamma cagna.
La Regina, maliziosa, voleva indurla colle buone:
– Non è vero, sciocchina. Vieni su, vieni a vedere che bella sorellina ti è nata.
– Sorellina non me n’è nata,
A peso d’oro fu comprata.
Mamma cagna, mamma cagna,
Siete voi la vera mamma.
– Che significa? – domandò il Re.
– O che gli date retta? Testa-di-rospo parla da bestia.
Ma il Re disse:
– Chi tocca Testa-di-rospo l’ha da fare con me. Mostro o non mostro, è una creatura di Dio. Lei è la vera Reginotta, perché nata la prima.
La Regina, arrabbiata per lo smacco, che pensò? Pensò di ricorrere ad una Strega:
– Fammi due vestiti compagni, tutti oro e diamanti; ma uno dev’essere incantato: deve bruciare addosso a chi se lo mette.
– Fra un anno li avrete.
In questo mentre la Regina fingeva di voler bene egualmente alle due figliuole; anzi, se comprava un balocco, un ninnolo per la Gigliolina, ne comprava uno più bello per Testa-di-rospo.
La Gigliolina, vedendo il regalo più bello, si metteva a strillare:
– Quello lì lo voglio io!
E Testa-di-rospo glielo dava.
Passato l’anno, la Regina tornò alla Strega.
– Maestà, i vestiti sono pronti; ma badate di non scambiarli. Per non sbagliare in questo incantato ci ho messo un diamante di più.
– Ho capito.
Chiamò le due figliuole e disse:
– Ecco due bei vestiti; provateveli subito, per vedere se vanno bene. Questo è il tuo, Testa-di-rospo.
Ma la Gigliolina, contati i diamanti e visto che in quello di Testa-di-rospo ce n’era uno di più, comincia a strillare:
– Quello lì lo voglio io!
La Regina non permise che lo toccasse.
Intanto la Gigliolina continuava a strillare, e pestare coi piedi:
– Quello lì lo voglio io! Quello lì lo voglio io!
Accorse il Re e disse:
– Non ti persuadi che quello è un po’ più grande? Provalo, e vedrai.
E stava per infilarglielo.
– No, Maestà – disse Testa-di-rospo.
Vestito bello, fatto da poco,
Vestito nuovo fatto di fuoco,
Mamma cagna, mamma cagna,
Siete voi la vera mamma.
– Che significa? – domandò il Re.
– O che gli date retta. Testa-di-rospo parla da bestia.
Ma il Re disse:
– Chi fa danno a Testa-di-rospo, fa il proprio danno. Lei è la vera Reginotta, perché nata la prima.
La Regina, arrabbiata per quest’altro smacco, non sapeva più che inventare.
E la sua rabbia si accrebbe quando vide arrivare a corte il Reuccio del Portogallo, che andava cercando una principessa reale per moglie.
La Regina disse al Re:
– Almeno facciamogli vedere tutte e due le figliuole; così sceglierà.
Il Re, per contentarla, rispose:
– Sia pure.
Il Reuccio voleva visitare le principesse negli appartamenti ov’esse abitavano; e la Regina lo condusse prima nel magnifico appartamento della Gigliolina. La Gigliolina, vestita cogli abiti più sfarzosi, sfolgorava come una stella.
Il Reuccio disse:
– È mai possibile che l’altra principessa sia bella quanto questa? Andiamo a vederla. Ma dove andiamo?
– Nel canile. L’altra abita nel canile.
Il Reuccio, stupito, scese giù insieme col Re e con la Regina, e trovò Testa-di-rospo nel canile:
– Reuccio, entrate voi solo; c’è posto soltanto per uno.
Il Reuccio entrò, e Testa-di-rospo chiuse lo sportello.
Mamma cagna si accovacciò lì dietro, ringhiando.
Aspetta un’ora, aspetta due, il Reuccio non compariva. La Regina, sopra tutti, era impaziente pel ritardo:
– Chi sa che brutto scherzo Testa-di-rospo stava per farle!
Il brutto scherzo fu che il Reuccio, uscito dal canile, disse al Re:
– Maestà, vi chieggo la mano di Testa-di-rospo.
La Regina non rinveniva dallo sbalordimento:
– Ma che cosa avete fatto tante ore lì dentro?
– Ho visitato tutto il palazzo. Di fronte al palazzo di Testa-di-rospo, il palazzo reale sembrerebbe una stalla.
Il Re e la Regina si guardarono, meravigliati.
– Reuccio, dite davvero?
– Dico davvero.
La Regina dovette inghiottire quest’altra pillola amara, e che pensò? Pensò di accertarsi coi suoi occhi di quello che il Reuccio aveva detto:
– Testa-di-rospo, vorrei vedere il tuo palazzo.
– Maestà, quel canile lo chiamate palazzo?
– Testa-di-rospo, una notte vorrei dormire con te.
– Chiedetene il permesso a mamma cagna: è lei la padrona.
La Regina andò a trovare mamma cagna:
– Mamma cagna, vorrei visitare il vostro palazzo.
– Bau! Bau!
– Che cosa dice?
– Dice di sì.
– Mamma cagna, una notte vorrei dormire con Testa-di-rospo.
– Bau! Bau!
– Che cosa dice?
– Dice di sì.
La Regina, per entrare nel canile, dovette quasi piegarsi in due.
– Ed è questo il tuo gran palazzo?
– Questo: non ve lo dicevo?
La Regina, indispettita, uscì fuori brontolando contro il Reuccio, che le avea dato ad intendere tante sciocchezze; e appena fuori, cominciò a sentire per tutto il corpo un brulichio e un brucìo insoffribile. Era, da capo a piedi, ripiena di pulci; e, siccome montava a corsa le scale e scoteva le vesti, ne seminava per terra cataste che annerivano il pavimento.
Così per le stanze del palazzo; ma più scoteva e più gliene brulicavano addosso e se la rodevano viva viva.
In un momento, Re, ministri, dame di corte, gente di palazzo, tutti si videro assaliti da quelle bestiole affamate, che davano morsi da portar via la pelle; e tutti urlavano:
– Accidempoli alla Regina che volle entrare nel canile!
Il Re corse subito da Testa-di-rospo:
– Figliuola mia, dàcci aiuto!
– Mamma cagna, dategli aiuto!
Mamma cagna si mise a girellare per le stanze:
– Bau, bau! Bau, bau!
E sentendola abbaiare, tutte le pulci saltavano addosso a lei.
La Regina non si stimò castigata abbastanza e insistette:
– Testa-di-rospo, questa notte vengo a dormire con te.
– Maestà, in un giaciglio!
– Per una volta, potrò provare.
Si acconciò alla meglio, e finse di dormire.
– In quel canile ci doveva essere un mistero; voleva scoprirlo.
Verso mezzanotte, sentì un romore come di un crollo di muro. Aprì gli occhi, e rimase abbagliata.
Avea davanti una fila di stanze, così ricche e così splendide, che quelle del palazzo reale, in confronto, sarebbero parse vere stalle; e Testa-di-rospo che dormiva, in fondo, sopra un letto lavorato d’oro e di pietre preziose, con cortinaggi di seta e lenzuola bianche più della spuma.
E non aveva più quella schifosa testa di rospo; ma era così bella, che, al paragone, la Gigliolina, bella e bianca come un giglio, sarebbe parsa proprio una megera.
Accecata dal furore, la Regina pensò:
– Ora entro, e mentre dorme, la strozzo colle mie mani.
Ma il muro si richiuse a un tratto, e lei vi batté la faccia e si ammaccò il naso.
Senza aspettare che facesse giorno, tornò su in camera.
Sentiva nelle carni un brucìo, un gonfiore!… Stende una mano, e si scorge che, da capo a piedi, era piena di zecche.
Si sveglia il Re: è pieno di zecche anche lui.
Si svegliano i ministri, le dame di corte, insomma tutte le persone del palazzo reale; son tutti, da capo a piedi, pieni di zecche; e, dal prurito e dal dolore, non possono reggere:
– Accidempoli alla Regina, che volle dormire nel canile!
Il Re corse di nuovo da Testa-di-rospo.
– Figliuola mia, dàcci aiuto!
– Mamma cagna, dategli aiuto!
Mamma cagna, Bau, bau! No, no! Non ne vuol sapere.
– Figliuola mia, dàcci aiuto!
Che aiuto poteva dargli? Mamma cagna rispondeva sempre:
– Bau, bau! No, no!
Intanto tornava il Reuccio per sposare Testa-di-rospo.
Tutti erano occupati a tagliar le zecche, colle forbici, perché strappare non si potevano; facevano più male. E più ne tagliavano e più ne rimaneva da tagliare:
– Accidempoli alla Regina, che volle dormire nel canile!
Allora il Re montò in furore. Afferrò la Regina pel collo, e disse:
– Trista femmina, che cosa hai tu fatto, da attirarci addosso tanti guai?
La Regina non ne poteva più e confessò ogni cosa: che avea detto come le Fate non potrebbero farne una pari; che avea comprato quella bambina a peso di oro; che avea fatto fare il vestito incantato per bruciare viva Testa-di-rospo.
– Ora son proprio pentita, e domando perdono alla Fata!
Disse appena così, che alla Reginotta cadde giù quella schifosa testa di rospo, e la Gigliolina si trovò vestita come una figliuola di contadini, qual era. La Reginotta splendeva come il sole, sicché, per guardarla, bisognava mettersi una mano agli occhi. Le zecche erano sparite, e non se ne vedeva neppure il segno.
Il Reuccio di Portogallo e la Reginotta si sposarono; e se ne stettero e se la godettero e a noialtri nulla dettero.