Fiaba di Luigi Capuana
C’era una volta un vecchio zoccolaio che andava attorno per città, paesetti e villaggi cacciandosi davanti un asino più vecchio di lui, pelle e ossa, spelacchiato, con due ceste appese al basto piene di zoccoli di ogni grandezza.
Alle svolte, l’asino si fermava e il suo padrone si metteva a gridare:
– Passa lo zoccolaioooo! Donne, lo zoccolaloooo!
Donde lo cavava quel vocione che intronava la gente? E, quasi non bastasse, sùbito dopo, l’asino si metteva a ragliare:
– Ah! Ah! Ah!
E, quasi padrone ed asino non bastassero, i ragazzi facevano il verso a tutti e due:
– …Colaioooo!… Ah! Ah!… Colaioooo! Ah! Ah!
La gente, parte rideva, parte si arrabbiava. Potevano impedire che il povero vecchio si guadagnasse da vivere?
– Per farli star zitti, lui e l’asino, – disse uno – compriamogli tutti gli zoccoli e mandiamoli via.
– E che ne faremo degli zoccoli?
– Li rivenderemo per conto nostro.
Misero insieme tanto per uno e proposero allo zoccolaio:
– Sentite, compare. Facciamo uno stralcio?
Gli zoccoli si vendono a paio.
– Quante paia saranno?
– Non si arriva a contarle.
– Come? Due ceste di zoccoli non si arriva a contarli?
– Provate. Ogni cento paia, tre fiammanti teste d’oro del Re.
Intendeva dire tre monete d’oro di quei tempi, mettiamo di venti lire ognuna.
– Vada per tre fiammanti teste d’oro del Re.
E cominciarono a contare: un paio, due pala, dieci paia, fino a cento.
– Ecco tre fiammanti teste d’oro del Re!
Il vecchio zoccolaio se le mise in tasca, e ricominciò a contare: un palo, due paia, dieci paia, cento pala!
– Ecco tre fiammanti teste d’oro del Re!
Più ne contavano ammucchiandoli in mezzo alla via, e più le ceste rigurgitavano, sempre piene fino all’orlo di zoccoli di ogni grandezza.
Quei tre si guardavano negli occhi, allibiti.
– Ancora? – domandò lo zoccolaio.
– Ancora! – risposero tutti e tre, rabbiosamente.
E il vecchio ricominciò a contare: un paio, due paia, dieci paia, cento paia!
Dunque era vero? Non si arrivava a contarle!
– Questa è opera di stregoneria! – pensavano quei tre che non avevano più danari in tasca per pagare l’ultimo centinaio, e vedevano, strabiliati, quel gran mucchio di zoccoli per terra e le ceste sempre ricolme fino agli orli, quasi non ne fosse stato tolto nemmeno uno zoccolo.
In quel momento passava la carrozza del Re. Dovette fermarsi per l’ingombro.
Vedendo radunata tanta gente attorno al mucchio degli zoccoli, il Re domandò:
– Che cosa è stato?
Quei tre si buttarono in ginocchio ai lati della carrozza.
– Giustizia, Maestà! Questo Stregone ci ha frodati!
E raccontarono quel che era avvenuto.
Nella carrozza del Re c’era anche il Reuccio, bambino di sei anni, che alla vista degli zoccoli si mise a strillare.
– Ne voglio uno! Ne voglio uno!
Zoccoletto, zoccoluccio,
Fatto a posta pel Reuccio…
Uno uguale fatto a posta,
Ne vorrà la Reginotta.
Zoccoluccio, zoccoletto,
Non è largo e non è stretto.
E il vecchio porse al Reuccio uno zoccoletto di argento con strisce d’oro, che pareva un gioiello. Il Reuccio tutto contento lo volle calzato. Gli stava benissimo al piedino, quasi fosse stato fatto su misura.
Quei tre tornarono a implorare, in ginocchio:
– Giustizia, Maestà! Questo Stregone ci ha frodati.
Ma il Re, che aveva gradito molto il regalo fatto al Reuccio, rispose:
– Chi è sciocco, stia a casa sua.
E diè ordine al cocchiere di frustare i cavalli.
La carrozza del Re, passando sul mucchio degli zoccoli, ne frantumò parecchi. E dietro la carrozza si udì il grido dello zoccolaio assieme col raglio dell’asino:
– Passa lo zoccolaio! Donne lo zoccolaioooo!
– Ah! Ah! Ah!
Allora il Re si rammentò che non aveva dato niente a quel vecchio pel regalo ricevuto; e mandò un servitore a rintracciarlo e condurlo al palazzo reale. Ma lo zoccolaio era sparito, e nessuno seppe dire che via avesse presa.
Da allora, zoccolaio ed asino, non furono più visti né sentiti. Il Reuccio, quella sera, voleva andare a dormire senza cavarsi lo zoccoletto. La Regina, che temeva di viziare il figlio tollerandone i capricci, disse:
– Non si va a letto con lo zoccolo!
E fece atto di cavarglielo. Non le riuscì, lo zoccoletto era strettamente attaccato al piede che il Reuccio, a ogni sforzo della Regina, strillava:
– Mi fai male, mamma! Mi fai male!
Non ci fu verso di cavarglielo più.
Poteva stare il Reuccio con uno zoccoletto a un piede e all’altro no? Il Re fece chiamare l’orafo di Corte e gli ordinò uno zoccoletto simile a quello; ma accadde che mentre quell’altro non dava fastidio al Reuccio, quantunque ora lo portasse da sei mesi, questo lavorato dall’orefice bisognava mutarlo a ogni mese, di mano in mano che il Reuccio cresceva. Invece lo zoccoletto regalato dal vecchio zoccolaio cresceva anch’esso miracolosamente, col piede. Si trattava, non c’era più dubbio, di opera di stregoneria; avevano ragione quei tre che si erano buttati in ginocchio ai lati della carrozza reale invocando giustizia contro lo Stregone. Il Re era pentito di non aver dato ascolto al loro reclamo e gli tornavano a mente le parole del vecchio:
– Zoccoluccio, zoccoletto,
Non è largo e non è stretto.
Re e Regina erano atterriti di quel malefizio, quantunque gli anni passassero e niente di male accadesse al Reuccio. Questi, anzi, cresceva bello e prosperoso, se non che ogni mese bisognava fargli fare dall’orafo di Corte un nuovo zoccolo di argento simile all’altro regalatogli dallo zoccolaio, che gli luccicava al piede quasi lo avesse calzato allora allora per la prima volta.
Intanto il Re pensava di dargli moglie: voleva vedere un nipotino prima di morire. E un giorno gli disse:
– Reuccio, sposereste la Reginotta di Francia?
– Ahi! Ahi!
– Che è stato?
– Una gran stretta dello zoccolo destro!
Quello ricevuto in regalo quand’era bambino!
Il Re impallidì pensando che il malefizio già operava. Volle accertarsene meglio.
– Reuccio, sposereste la Reginotta di Spagna?
– Ahi! Ahi!
– Che è stato?
– Una gran stretta dello zoccolo destro! Quello ricevuto in regalo quand’era bambino! La Regina, più pratica, disse:
– Maestà, andiamo a consultare il mago Rosso.
Lo chiamavano perché vestiva sempre di rosso. Era vecchio, vecchissimo, di cento e cento anni; parlava a stento e diceva una parola ad ogni mezz’ora.
Prepararono magnifici regali, perché non ricevendo niente, il Mago vecchio, vecchissimo, di cento e cento anni, rimaneva muto come un pesce; e si avviarono.
Il palazzo del mago Rosso era scavato nelle viscere di una montagna e se ne dicevano meraviglie. Vi si entrava però, come in una grotta, da un usciolino per dove poteva passare a stento una sola persona. Il Re, che era grasso e aveva un pancione quanto una grancassa, credé che non avrebbe potuto passare; ma, appena egli si accostò, la bocca della grotta cominciò a dilatarsi, a dilatarsi, e gli permise l’accesso.
Re e Regina erano stupiti delle ricchezze di quegli stanzoni che attraversavano guidati da un nano. A petto di essi, le stanze del loro palazzo sarebbero parse tante stalle. Presentarono i regali, e stavano per esporre il motivo del loro viaggio; ma il nano disse:
– Non occorre. Attendete la risposta.
Il mago Rosso balbettò una parola, e passò mezz’ora. Ne balbettò un’altra, e passò mezz’ora. Ne balbettò un’altra, e passò mezz’ora.
Un’agonia! Ci volle mezza giornata prima che il Re e la Regina sapessero quel che il Reuccio doveva fare!
Doveva andare intorno pel mondo in cerca di colei che potesse cavargli lo zoccolo dal piede. Quella era la Reginotta destinata al Reuccio. Se non volevano mandarlo attorno, facessero un bando perché le ragazze venissero a provare. Chi cavava al Reuccio lo zoccolo dal piede, quella diventava Reginotta.
– Che! Tutte le ragazze? – dissero il Re e la Regina.
E fecero un bando che invitava soltanto Principesse di sangue reale.
Ne accorsero parecchie; ma appena tentavano di cavare lo zoccolo – Ahi! Ahi! – il Reuccio si sentiva stringere il piede come da una morsa. Le Principesse di sangue reale andarono via tutte mortificate.
Il Re e la Regina, contristati dalla cattiva riuscita del primo esperimento, fecero un altro bando, invitando alla prova tutte le figlie di Principi, di conti, di marchesi, di baroni, di nobili cavalieri.
Ne accorsero centinaia; ma appena tentavano di cavare lo zoccolo – Ahi! Ahi! – il Reuccio si sentiva stringere il piede come da una morsa. E principessine, contessine, marchesine, tutte le nobili ragazze andarono via mortificate.
Il Re e la Regina non sapevano risolversi a fare un ultimo bando.
– Che! Anche le figliuole della gente bassa?
– Proviamo! disse il Re.
E, a malincuore, fece l’ultimo bando.
Ne accorsero migliaia, di tutte le classi, attirate dalla lusinga di diventare Reginotte.
Sfilarono per più settimane davanti al Reuccio, tentando di cavargli quello zoccolo dal piede. – Ahi! Ahi! – il Reuccio non ne poteva più.
Rimaneva soltanto una ragazza a provarsi, ma era così brutta e sporca che i soldati di guardia non volevano permetterle di entrare nella sala dove il Reuccio attendeva, seduto, che arrivasse, finalmente, colei che gli avrebbe cavato lo zoccolo!
La ragazza si mise a leticare coi soldati; diè uno spintone a questo, una gomitata a quello, ed entrò nella sala fermandosi sulla soglia, sbalordita del suo ardire.
Il Reuccio le accennò benignamente di inoltrarsi e posò il piede su lo sgabello che aveva dinanzi. La ragazza s’inginocchiò, baciò con umiltà la punta dello zoccoletto, lo prese con due dita… e tirò, tirò, dolcemente.
Appena il Re e la Regina seppero che una ragazza brutta e sporca era riuscita a cavare al Reuccio il maledetto zoccolo dal piede, montarono in gran furore, e accorsero risoluti di farla cacciar via dal palazzo reale.
Ma, quale non fu la loro maraviglia vedendo seduta accanto al Reuccio una giovinetta così bella da abbagliare gli occhi che la guardavano? Aveva in testa un diadema di perle e diamanti, seguo evidentissimo che era di sangue reale.
In quel momento si sentì dalla piazza la voce tonante dello zoccolaio:
– Passa lo zoccolaiooo! Donne, lo zoccolaiooo!
E immediatamente il raglio dell’asino:
– Ah! Ah! Ah!
Il Re mandò subito un servitore che lo invitasse a salire su. Ora che aveva visto il portento di quella Reginotta non ce l’aveva più con lui, ed era curiosissimo di aver spiegato il mistero dello zoccoletto di argento. Ma lo zoccolaio era già sparito, e nessuno seppe dire che via avesse presa.
Fatto a posta pel Reuccio! Fatto a posta pel Reuccio! – ripeteva spesso il Re.
E morì senza aver saputo il mistero dello zoccoletto d’argento.
Stretta la via, larga la foglia,
Ne dica un’altra, chi n’ha la voglia!