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Il gigante pauroso

Fiaba di Gian Dàuli

C’era una volta un calzolaio che non aveva troppa voglia di lavorare e quando poteva piantava lì bottega e deschetto e via a gironzolare per la campagna.

Ora accadde che un mattino, mentre se ne stava cantarellando solo soletto per la pianura, vide ciò che fino allora non aveva mai visto: cioè, alla sommità d’un grande monte, sorgere un alto castello. Incuriosito decise di recarvisi per accertarsi di che realmente si trattava. Ma quale non fu la sua immensa sorpresa quando, avvicinandosi, vide che non si trattava di un castello ma di un vero e proprio Gigante il quale, appena lo scorse, con una voce che sembrava un tuono, gli gridò:

— Che cosa vuoi, insetto?

Il calzolaio, che non si aspettava tanto, impaurito rispose:

— Vado in cerca di lavoro per guadagnarmi un tozzo di pane.

— Se è così puoi restare bene con me: ti prendo al mio servizio.

— E il salario?

— Ecco, per il salario io ti dò trecentosessantacinque giorni all’anno e se poi l’anno è bisestile te ne aggiungo uno di più. Sei contento?

A, malincuore il calzolaio, pensando però per qualcosa doveva fare per svignarsela al più presto, rispose:

— Va bene: accetto.

Di lì a poco il Gigante gli ordinò

— Insetto, vai a prendermi un secchio d’acqua e presto.

E il calzolaio di rimando, che già aveva preparato tutto un piano, con naturalezza gli rimbeccò:

— Per tanto poco mi comandi? Perchè non vuoi che ti porti invece tutto il fiume, e la sorgente e le pietre anche? – e se ne andò col secchiello.

Il Gigante che, sebbene grande e grosso, era quello che si suol dire una vescica d’aria, e non brillava certo per coraggio, rimase alquanto impressionato da quella risposta, e lo fu maggiormente quando, ordinato al calzolaio di andare a prendere due ceppi al bosco, sentì anche questa volta dirsi con noncuranza:

— Perchè non mi ordini di tagliare tutto il bosco in un sol colpo?

La cosa, come vedete, non era tale da lasciare insensibili e il Gigante pensò alla maniera di liberarsi di quel bel mobile di servitore tanto più che s’era fisso in mente che dovesse trattarsi di un essere dotato di una qualche misteriosa forza soprannaturale, supposizione che gli venne accresciuta alla sera quando, all’ora di andare a letto, il calzolaio gli domandò.

— Padrone, la notte costumate russare?

— Un poco, appena un poco: perchè?

— Perchè io ho il sonno leggerissimo e se mi viene spezzato divento tanto furente che con un pugno abbatto perfino un monte.

Il Gigante non rispose ma per tutta la notte evitò di dormire e perfino di respirare: ma il domani, appena giorno, invitò il suo garzone ad una passeggiata e quando giunsero ad un laghetto tutto inghirlandato di salici, gli disse:

— Sali sopra uno di questi rami: sei così mingherlino che voglio vedere se ti riesce di piegarlo fino a terra.

Il calzolaio, con un salto, montò su un ramo e trattenendo il respiro riuscì a farlo piegare, ma poi, costretto a ripigliare fiato, il ramo, come una catapulta scattò e il povero ometto venne lanciato tanto alto che ancora oggi non è ricaduto giù.

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